L’Archetipo come dice la parola stessa è un modello; per Platone costituisce l’Essenza delle cose che appartengono al mondo sensibile;  per Gustav Jung regola l’inconscio collettivo. E’ un codice universale, una sorta di variabile costante che cesella la vita dell’umanità.

Nel campo dell’Arte, in tutte le sue declinazioni, può essere una chiave che attiva da un lato l’atto creativo e dall’altro restituisce a chi ne fruisce una forma con cui si entra in contatto con l’empatia. L’empatia appartiene certamente al mondo del sentire, un percepito che a secondo della persona si muove ora seguendo la pulsione del sentimento- emozione – cuore, ora la visione della razionalità – mente.

Nessun archetipo è riducibile a semplici formule. L’archetipo è come un vaso che non si può svuotare né riempire mai completamente. In sé, esiste solo in potenza, e quando prende forma in una determinata materia, non è più lo stesso di prima. Esso persiste attraverso i millenni ed esige tuttavia sempre nuove interpretazioni. Gli archetipi sono elementi incrollabili dell’inconscio, ma cambiano forma continuamente”. (Jung).

Nel campo dell’Arte e della cultura l’Archetipo si manifesta dando vita a racconti, leggende, favole, miti che  vengono rappresentati dalla potenza della parola orale o scritta, o plasma altre materie dalla pietra alla lamina, fino ad arrivare al digitale. I temi che pulsano e si originano, non sono altro che Simboli, attraversano i tempi e lo spazio e accompagnano silenti o chiassosi la vita dell’umanità.

Il Simbolo è un segno che vive in qualsiasi forma d’arte, rappresenta il topos ed il logos, intreccia i tratti del visibile e dell’invisibile, è la porta che permette la comunicazione tra mondo reale e ideale. Nel mondo contemporaneo che pullula di immagini riproducibili e dissacrate, il Simbolo e l’Archetipo possono assumere un sapore desueto, un ragionamento sradicato da un contesto in cui tutto è fagocitato dalla tecnica, e non vi è posto per parlare di appartenenza a radici cosmiche e universali.

Le estetiche che si sono susseguite concordano nell’affermare che è giunta l’era della de- simbolizzazione, ma accanto a tale visione vi è strisciante l’esigenza di agganciarsi alla capacità di esserci nel mondo, di creare una nuova mitologia che in fondo non fa altro che trovare le proprie radici in ciò che è stato; il presente, il visibile dialoga con la potenza dell’assenza- essenza.

Il logos ritorna portatore di verità che si moltiplicano rivelando sfaccettature e punti di vista, l’analogia è il passpartout per dare nuova linfa al Simbolo – Archetipo, per uscire dalle maglie della psudo-menzogna e simulare una rappresentazione della creazione artistica che possa perseguire il passaggio tra il mondo dell’immaginazione e quello della realtà. Un tempo la verità era solo della “Bellezza” oggi il realismo impera e ciò che appare patinato viene giudicato effimero ed inconsistente, foriero di superficialità, appartenente ad una sfera fittizia.

Non dimentichiamo che l’attività artistica pur cavalcando le onde del tempo, esprime comunque un bisogno: la conoscenza dei stati interni, intimi della persona, percepire le manifestazioni più sottili e restituirle agli altri.

La natura e la vita continua a rivelarsi attraverso i simboli nonostante la nostra cecità; l’artista continua ad essere il privilegiato, il risvegliato che ha nuovi mezzi per far sentire la sua voce.

Il simbolo nella produzione creativa non è altro che il mezzo per traghettare i significati dell’Archetipo: il codice si dispiega, si ri-vela, declina un segno per rimandarne ad altri.

Nell’Arte noi ci imbattiamo ancor oggi in strutture seppur moderne che non sono altro che l’espressione di un pensiero arcaico latente che ritorna inesorabilmente trasformato e rigenerato.

Nell’era della riproducibilità tecnica l’individuo continua a sperimentare, vivere l’influenza dell’archetipo in quanto la sua realtà quotidiana è strutturata da un femminile e maschile o da un materno e da un paterno; nel momento in cui nasce inizia il suo viaggio, sarà sottoposto a prove, ripensamenti, anelerà a desideri, avrà bisogni da nutrire; continuando il suo cammino troverà nemici e amici, mentori che lo aiuteranno a scoprire le perle della conoscenza-saggezza. Nel viaggio della vita vi sarà sempre una morte- reale o fittizia che lo condurrà alla rinascita.

L’atto artistico, creativo attinge ad un diagramma di flusso quindi, in cui vi è sempre un soggetto, un viaggio, un maschile – un femminile, un’ombra, un nemico, una morte ed una rinascita; in questo fluire si attiva una polarità di riconoscimento che determina il giudizio estetico a seconda le corde che si toccano.

Il comportamento umano per la psicologia di derivazione junghiana può essere descritto ad esempio anche usando queste 4 chiavi: Il Guerriero, l’Amante, Il Mago, Il Re. Sembrano dei termini un po demodè, ma cerchiamo di andare oltre. Il guerriero è l’individuo che mostra un sé combattivo, cerca di esprimere nelle proprie azioni coraggio, intraprendenza, alle volte la passione, l’istinto non viene sedato dalla forza della ragione altre volte trova il suo giusto equilibrio, lotta per degli ideali etici, è allenato a combattere le avversità. Questo tipo non ha solo un volto maschile ma si veste anche di abiti femminili e lo troviamo protagonista in molta filmografia.

L’Amante è la pulsione dell’Eros e la sua ombra non è altro che la vile passione, depauperata da Amore e vissuta nell’atto di predare per colmare un eterno vuoto. Molti pseudi-puritani giudicano quest’ultimo aspetto come perdizione infima, in psicologia questi impulsi vengono definite parafilie ovvero perversioni, disfunzioni sessuali che connotano una paura e quindi un dolore inaccettabile: l’incapacità di vivere una relazione d’amore con se stessi e con gli altri. Quando si libera dello spettro della dipendenza e dell’attaccamento allora potrà donarsi. Di solito questo tipo viene rappresentato in una doppia veste: il Don Giovanni o La Femme Fatale, o ancora L’Innamorato con una visione romantica dell’Amore.

Il Mago: nella società contemporanea chi potrebbe essere costui? Una persona saggia, un maestro che ha il potere di guidare l’altro nei passaggi perigliosi della vita. Questa figura è costante in molta letteratura fantasy e non solo la ritroviamo in molti generi cinematografici e seriale.

Il re oggi è colui che assume nella propria vita un ruolo di leader, ha autostima, è risoluto ma quando è attanagliato dalla paura di perdere il potere ed esercita un controllo pervicace ecco che diventa un tiranno, può diventare violento. In questo rapporto con il potere può anche mostrarsi debole, allora il timbro alla sua esistenza e alla sua carica è ricercata all’esterno: diventa così un simulacro di se stesso.

L’Arte proprio perché espressione dell’individuo attinge a queste forme e lo fa in maniera naturale, sospinta solo da una visione creatrice della realtà che è duale ma armonizzata: Animus Anima.

Anticamente la nostra natura non era quella di oggi. I generi non erano tre o due, come ora, maschio e femmina, ma ce n’era uno che partecipava di entrambi… un androgino… la forma di questo essere era sferica, e aveva quattro mani e quattro gambe… Giove decise di tagliarlo a metà… da tempo perciò è connaturato agli esseri umani l’amore reciproco, per questo ognuno è sempre alla ricerca della propria metà, sia essa uomo o donna, indipendentemente dal proprio sesso, per ricostituire l’intero iniziale… Per questo diciamo che ognuno cerca la propria metà… La causa della nostra ricerca è che un tempo eravamo interi, e al desiderio e al perseguimento dell’intero noi diamo nome amore” (Platone)

L’Anima è il femminile, il materno, l’Eros, il prendersi cura, è l’affettività, è la sfera intima in cui si rincorrono le emozioni della sensibilità; l’Animus è il principio maschile, il controllo, la razionalità. Questi due principi sono presenti in ciascuno e conciliarli è un viaggio dentro di sé arduo. Spesso accade che si cerca all’esterno quell’attrazione polare che li metta in comunicazione tra loro; nell’atto creativo come nella vita Anima e Animus costituiscono le rotelle principali di un ingranaggio che viene innescato quando l’inconscio restituisce nelle opere il mistero del rispecchiamento rendendo visibile ciò che non lo è.

L’Anima nell’immaginario artistico è una figura femminile ambivalente che da un lato conduce l’uomo in alto e dall’altro lo fa sprofondare nelle viscere. La donna quindi può sublimare l’aggressività del suo partner, lo può guidare verso la luce, può aiutarlo a contattare il suo mondo interiore e viene considerata, ritratta come demoniaca, una presenza che usa la seduzione per offuscare la mente dell’uomo e attrarlo nelle spire mortali di un amore che uccide.

Anche la donna comunque ha un Animus che agisce in maniera speculare in quanto la sua funzione è trovare la via giusta per condurla al riconoscimento del Sé, integrazione e conciliazione degli opposti. In questo viaggio interiore il maschile può apparire ambivalente: guida- aggressore, saggio- giudice, coraggioso – inquisitore etc… L’Animus alle volte si manifesta assumendo il volto di uno straniero fascinoso che dona il coraggio per lasciare una vita ordinaria e scegliere ciò che realmente si vuole fare.

L’Animus nell’immaginario può essere un uomo dal cuore nobile, che è dotato di grande forza fisica e lotta contro le avversità della natura impavido, è il poeta che ha l’ardire della parola e conquista la sua amata a suon di versi e frasi in quanto sa e non ha paura di esprimersi. E’ il grande pensatore sommerso dal potere del pensiero che non lascia spazio alla manifestazione dei sentimenti, quindi appare duro e distaccato seppur saggio, è il sostenitore della grande spiritualità e sa che l’unica via è il sacrificio.

La psiche è una combinazione di principi maschili e femminili, così come una candela è l’insieme di luce e ombra  e tutto ciò lo troviamo nelle visioni e nello spazio prodotto dall’Arte.